E’ passato un po’ di tempo e chissà quanti fiori adesso ti nascondono la faccia. C’è ancora spazio per raccontarti un poco, il tempo si ferma per farmi lo sgambetto, oggi è il 27 di gennaio e io ho sempre più casini da portarmi a lavoro. Eppure, nell’intervallo tra la 3 e la 4 ora, guardo fuori dal vetro della presidenza e penso che di questi tempi ci sentivamo spesso per gli appuntamenti di compleanno. Guardo il fondo del corridoio e ci vedo i ragazzi che tornano sudati dalla palestra. Quel tempo io l’ho perso per sempre, ed è anche per questo che ci scappa una lacrima.
Bene, giriamoci pure attorno e facciamo finta di restare in partita, che se le cose scappano via di corsa non è di certo colpa nostra. C’è del marcio negli appuntamenti, numeretti da incollare in rubrica come fossero cambiali. Tu mi scrivi che c’incontreremo presto, tu forse ancora lo speri. Eppure le parole noi le abbiamo disprezzate, "come stai, io sto bene, non c’è male, ci vediamo il giorno dopo (forse) se ti va".
Si finirà come ogni anno a contare i ragazzi da salvare, gli scrutini sono sempre più lunghi e la presidenza non è più quella di una volta. Un gran lavoro di testa a dirla tutta, e forse, non ne vale la pena.
Il lavoro ora consiste nel riempire quel vuoto, colmare la crepa con una mano d’intonaco. Una mano più lesta, magari più economica. Prestare attenzione alle differenze, lavorare di fino lungo le sporgenze, levigare. E’ una fine, e dietro questa fine c’è l’ansia di un domani che non ho più la forza d’immaginare. Perché te lo immagini cosa vuol dire ricominciare, costruire, pensare al mutuo da pagare, le bollette di fine mese e le scatolette per il gatto, te lo immagini? Vuol dire non fermarsi neanche un secondo a guardare l’orologio e domandarsi qual è la strada più breve per tornarsene a casa.
Il destino va’, la sua puntualità...
2 commenti:
Ho i brividi. C'è un sole caldo che illumina la nostra cucina e di solito questo basta per illuderci che sia già primavera. Oggi no, oggi ho freddo. Le stagioni sono fatte per susseguirsi e per suggerirti quello che è stato. Non so dirlo, le parole mi mancano, mi sembra quasi che il sangue mi si fermi in corpo. Le mani, gelide.
Il Peralba, la birra al pub sui tavoloni di legno scuro, il temporale di fine estate. E il sole forte a Via del Casaletto.
Mi accendo un'altra sigaretta. Solo un'altra, e poi esco.
Lettera a G. parla più di ogni altra parola. Parla più questa canzone di tutto quello che hai scritto. Ho un callo sull'indice ed un bozzo sintomatico sul dorso della mano ed in più il braccio destro non se la passa bene. Disegnare e dipingere fanno tutto il resto. Poi scadenze, alienazione o altrove sono il meno. Una pennellata dietro l'altra, niente più, molto di più. E certe volte poi vado lì, con i fiori che quasi nascondono le foto (io non li porto mai perché tanto sono temporanei) e mi incazzo e dico: ma guarda che testa di cazzo che sei,ti sembra giusto che io per colpa tua debba avere sta roba sulla mano destra? Allora mi scappa da ridere e rido nonostante il freddo e le vecchie del cimitero che mi guardano male ma io sò che l'ultimo dono è saper disegnare un po', o forse sta tutto nella mia sensibilità, bho. So ancora incazzarmi con la coscienza offesa ed avere anche torto perché non potevo farci niente ma è meraviglioso e pacificante incazzarsi. Il pennello fa il resto, mi riporta a serenità. E si va avanti, con il timone saldo e gli occhi al futuro. Poi l’infinito è un’altra storia sospesa tra alienazione ed altrove. Io l’altrove l’ho sempre chiamato alienazione. Diversi e simili in questo. Per me, ora disegnare o dipingere, è il meglio che posso fare ma sta bene così.
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